Questo volume, che nasce dal lavoro di Tesi in Forme della comunicazione e linguaggi multimediali, cerca di delineare la significatività dell'erranza quale nuova categoria per pensare di
poter fare educazione oggi, adottando una metodologia critica, che deve essere il metodo, o meglio l'a-metodo, per accedere al mondo. Ogni discorso sul metodo, infatti, è sempre un discorso
di circostanze valide in un tempo, in un luogo e con determinati protagonisti. L'a-metodo dell'educare oggi consiste proprio nell'assenza di un metodo, cartesianamente inteso come un
sistema di procedure rigorose ed ordinate da applicare in modo meccanico e valide, sempre, in
qualsiasi contesto. Questo nuovo itinerario pedagogico implica, pertanto, l'abbandono della logica
predittiva, lineare e semplificatrice del programma, il quale abbisogna per la sua attuazione
di condizioni stabili, per andare a privilegiare, invece, la strategia che è, piuttosto, aperta, in evoluzione
di fronte all'inaspettato, proprio perché instabile, mutevole, fluttuante e complessa è la
condizione umana. Ed è su questa condizione umana che lavora l'educatore, l'insegnante, il
quale non è un tecnico, egli non ha, non possiede, un protocollo magico da applicare pedissequamente,
in quanto la specificità di questo mestiere sta proprio nell'avere a che fare con sistemi
percettivi che non sono standard; per cui egli deve continuamente -aggiustare il tiro- in funzione
degli eventi. L'educatore non si pone mai come un osservatore esterno ma è sempre dentro
l'evento educativo, con un disporsi a vedere, a toccare e soprattutto a sentire per poter tornare
alle origini, al punto di partenza… che è una pagina, non letta, con ancora tante potenzialità
inesplorate, per ri-raccontare una storia che diviene sempre una terza storia in quanto nasce
dall'incontro con l'altro. È solo nella relazione, infatti, che si genera qualcosa, quando c'è distanza
non c'è mai apprendimento. La forza metaforica del Don Chisciotte di Cervantes, che in
questo testo viene presa in prestito, ben rappresenta, l'errare metodologico, un cammino che
manca, volutamente, la meta (l'obiettivo) per non farsi prendere dall'ansia di arrivare, di raggiungere
il fine sacrificando il percorso: il futuro è, infatti, quel salto che non tiene conto del
presente, mentre, invece, la relazione educativa va sempre vissuta al presente, un presente possibile
in cui intraprendere tante direzioni possibili, per recuperare la capacità di farsi, di agire, per
non essere condotti ma…condottieri. Questa nuova categoria pedagogica è, dunque, un metodo
del cammino, che prende forma strada facendo, non precede mai l'esperienza, ma procede
con essa ed è, soprattutto, un metodo della prova perché non porta mai con sé una risposta già
pronta ma la domanda continua facendo, così, dell'errore una risorsa fondamentale.